Il numero del masso sul petto è probabilmente un’esibizione meno conosciuta, tuttavia di grande effetto. Richiede l’aiuto di un assistente; il fachiro dovrà sdraiarsi inizialmente su tre sedie, e in un secondo momento la sedia centrale sarà tolta, non appena il corpo dell’artista avrà raggiunto la rigidezza che la situazione richiede.
Solo allora l’assistente potrà adagiare sul suo petto un pesante masso (di più di 30 kg di peso), o più precisamente una lastra, che dovrà poi colpire più volte con un martello, finché non ne provocherà la rottura. E tuttavia, nonostante questi colpi, il fachiro rimarrà impassibile, sempre rigido come all’inizio, e riuscirà persino a non sentire dolore (e lo proverà alzandosi da solo, e mostrandosi incolume agli occhi degli spettatori).
La fisica viene in aiuto del fachiro, in questo caso: infatti la lastra appoggiata sul petto del maestro distribuisce sulla sua ampia superficie la potenza dei colpi inferti dall’assistente, e ne attutisce le spinte. Ma ciò non toglie che questo gesto abbia una sua pericolosità, che consiste in un margine di errore dell’assistente, e della sua precisione nei colpi, sia nella mira, sia nella potenza (in quanto un colpo dato più forte del dovuto può comunque provocare dei danni seri al nostro fachiro).
La pirobazia consiste nel camminare sui carboni ardenti a piedi nudi. E’ un numero molto noto e richiede esperienza, concentrazione e molta abilità, perché potrebbe diventare molto pericoloso e comporta diversi rischi.
E’ necessario che il percorso sia costituito da una buca profonda almeno un metro, riempita con legna a cui si darà poi fuoco, e che sia della lunghezza di circa tre metri. E’ evidente che in questo caso il percorso raggiunga effettivamente una temperatura molto elevata – si parla di oltre 800°C – e questo è sicuramente di grande impatto sul pubblico.
Camminare a piedi nudi sulle braci non è certamente un’operazione da tutti; ma questo numero è comunque fisicamente possibile, in quanto il carbone di legna ha bassa conducibilità termica, quindi il contatto momentaneo non provoca gravi ustioni, come invece si sarebbe portati a pensare.
Tuttavia è sempre necessaria molta concentrazione, perché la camminata deve essere rapida e per questo anche molto decisa, per evitare in primo luogo permanenze prolungate che provocherebbero certamente dei danni, ma anche (una possibilità remota, ma pur sempre una possibilità) accidentali rovinose cadute sul percorso incandescente.
Un altro rischio comune è quello di trovarsi incastrato tra le dita dei piedi un tizzone: per questo è necessario che l’artista immediatamente dopo il numero immerga i piedi in acqua fredda, per limitare gli inconvenienti di questa performance che resta comunque sempre molto emozionante.
Il letto di chiodi è il l’esibizione che ognuno di noi accosta automaticamente alla figura del fachiro; si tratta di alcuni pannelli, generalmente di legno, affiancati l’uno all’altro, fatti ciascuno di migliaia di chiodi molto spessi, lunghi (anche di 10 cm ciascuno) e appuntiti capaci di ferire chiunque, sui quali l’artista si sistema e resta per molto tempo, senza provare nessun dolore.
In realtà, pur essendo di grande effetto, questo numero è reso pressoché innocuo dalle leggi della fisica, secondo cui se i chiodi sono moltissimi il peso di una persona che vi si adagia viene equamente distribuito, provocando poca pressione sul singolo chiodo, e permettendo quindi la permanenza su questo speciale letto senza avvertire alcun dolore e senza ferirsi. Per iniziare a provare dolore, sarebbe necessaria una forza ben più intensa del peso di una persona, in media circa dieci volte maggiore. Infatti c’è chi addirittura consiglia di sdraiarsi sul letto di chiodi per scaricare le tensioni accumulate durante la giornata, sfruttando benefici equivalenti a quelli dell’agopuntura.
Tuttavia, si consiglia sempre a chi non è pratico di restare ben lontani da certa attrezzatura, perché il pericolo c’è sempre, quando non si è preparati.
Si tratta di una pratica comune ai fachiri, sicuramente molto rischiosa: consiste, infatti, nell’immettere un chiodo di grandi dimensioni nella cavità nasale, battendolo con un martello, dando l’illusione che si stia conficcando nel cervello. Questo ovviamente non avviene sul serio, anche se l’azione è suggestiva ed agghiacciante. Il percorso del chiodo introdotto nel naso è lo stesso in cui passa l’aria durante la respirazione (ed è lo stesso in cui il medico specialista inserisce un lungo strumento chiamato fibroscopio per controllare lo stato delle pareti ossee interne), ossia la fossa nasale, la cui entrata è visibile all’esterno ed è la narice.
L’illusione si basa sul fatto che chi non ne conosce l’anatomia è convinto che le fosse nasali siano disposte verticalmente (questa convinzione è anche alimentata dalla forma della parte esterna del nostro naso, a forma di piramide), mentre in realtà esse sono orizzontali e profonde. Le pareti delle fosse nasali sono in alcuni punti lisce e rivestite da mucosa, mentre in altri si presentano con sporgenze e superficie irregolare. Il chiodo che dovrà passare attraverso la fossa nasale, purché ovviamente arrotondato in punta con accuratezza, può inserirsi quindi nella fossa nasale anche per diversi centimetri.
Dato che in questo numero si sfrutta l’anatomia del naso umano, potrebbe dire qualcuno, allora chiunque può provare a compierlo; niente di più sconsigliato! La pratica comporta infatti dei rischi seri, che riguardano innanzitutto un errore nell’introduzione del chiodo, che se arrivasse ad incontrare le pareti ossee le danneggerebbe provocando danni “seri” e spesso anche permanenti; per non parlare delle infezioni a cui si potrebbe andare incontro se l’oggetto introdotto non è stato accuratamente pulito (infatti gli otorini tengono costantemente immerso il fibroscopio in un liquido sterilizzante). Per questo è assolutamente necessario che di numeri impressionanti come questi si occupino solo gli esperti.
Gesto pericolosissimo, questo, da eseguire solo se si è assolutamente preparati ed esperti. In particolare, si può produrre la fiamma facendo incendiare (con l’aiuto di una torcia) del materiale combustibile che si fa uscire dalla bocca, il quale può essere liquido (ce ne sono di molti tipi, di quelli anche utilizzati in casa) oppure in polvere, anche molto comuni come ad esempio la polvere di cacao.
Uno dei più importanti accorgimenti indispensabili per lo sputafuoco quando si trova a utilizzare combustibili liquidi è quello di impedirne l’ingestione chiudendo la gola con la lingua; a questo punto deve far fuoriuscire il liquido tenendo socchiuse le labbra in modo da rendere il getto più sottile possibile. Così, non appena il liquido entra in contatto con la fiamma della torcia (tenuta a distanza di alcuni centimetri dal volto) ecco che si sprigiona la fiamma in cui sta il numero dello sputafuoco.
Quando invece il materiale da far entrare in contatto con la fiamma è una polvere, il procedimento è leggermente diverso, in quanto la bocca deve essere molto aperta in modo da rendere il “getto” meno pieno (le particelle, in pratica, devono essere distanti); c’è inoltre da tenere in considerazione il fatto che le polveri sono generalmente meno combustibili dei liquidi, per cui cambia anche l’esito dell’operazione, ossia la forma della fiamma, che con il combustibile liquido sarà ben più lunga e bella da guardare di quella ottenuta con la polvere.
Una volta terminato il numero, lo sputafuoco deve necessariamente ricorrere a un panno bagnato da passare sul viso, per evitare le bruciature date dal ritorno di piccole gocce di combustibile infuocato. Oltre a quello delle ustioni, uno dei maggiori pericoli sta nell’ingestione del combustibile, che potrebbe essere molto dannosa, se non addirittura fatale.
L’Etimologia del termine “fachiro” rimanda ad una figura religiosa del mondo islamico, che attraverso pratiche di ascesi cercavano, punendo il corpo, di distaccarsi dalle imperfezioni della vita terrena; questa parola vuol dire, appunto “povero”. Con il tempo il termine è passato ad indicare alcuni mendicanti induisti i quali si dedicavano ad esempio allo yoga; ed è questa l’accezione che si avvicina maggiormente al significato che oggi viene attribuito alla parola.
Oggi il fachiro è colui che riesce a non percepire il dolore nel praticare prove pericolose quali il dormire sul letto di chiodi, o la camminata sui carboni ardenti oppure sui vetri; ma queste sono solo le attività più note: infatti si dice siano abilità proprie dei fachiri anche l’invisibilità, la levitazione, il digiuno prolungato, e il poter sopravvivere pur rimanendo sotto terra per interi giorni. Si tratta di gesti spettacolari che attirano l’attenzione del pubblico, che è tenuto col fiato in sospeso per interminabili istanti fino al superamento della difficoltosa prova.
Anche oggi i fachiri compiono degli atti di mortificazione del corpo, che rendono questi personaggi sicuramente misteriosi e ben fuori dal comune.